A che serve pregare?
I benefici della preghiera secondo uno che non crede. Spogliata dal misticismo pietistico, la preghiera può rivelarsi un formidabile strumento di self-help.
Come moltissimi di noi, sono cresciuto con una dottrina piuttosto religiosa. Ho frequentato le elementari “dalle suore”, e mi portavano a messa tutte le domeniche. Poi, dopo una brutta perdita in famiglia e dopo un mio incidente d’infanzia, fui costretto a seguire mia madre (che si rifugiò per anni nella preghiera compulsiva) in una miriade di pellegrinaggi ed eventi cristiani che rasentavano il paranormale.
Boccette con acqua santa, rosari, santini e preti alla radio erano una presenza costante. Pregavo la mattina mentre andavo a scuola e pregavo a scuola con le suore. Forse ho pregato così tanto da sbucare dall’altra parte.
Crescendo, infatti, diventai sempre più curioso delle religioni come fatto storico, come manifestazione del tentativo umano di dare un significato all’insondabilità del destino e della morte. Più studiavo le religioni, più mi apparvero come delle favole ingegnose, ardite, fantastiche, ma terribilmente umane.
Oggi non posso definirmi un credente, ma, come saprai se mi leggi da un po’, pratico la meditazione quotidianamente. E proprio qualche giorno fa, mentre ero assorto nella recitazione del mantra e in procinto di sprofondare nei meandri della mia coscienza, mi sono accorto di quanto quella pratica fosse simile alle litanie che recitavano alcune donne avvolte in veli neri durante le novene delle 5:30 di mattina a cui mia madre mi trascinava durante le vacanze estive in Calabria.
Tra le varie religioni e pratiche di crescita personale, cambiano i luoghi e le parole, cambia la forma, il contesto e il destinatario, ma in fondo l’azione rimane la stessa: la preghiera.
Journaling, manifesting, legge dell’attrazione…hanno semplicemente dato un nome più cool a una cosa che i nostri antenati facevano già dipingendo mammuth e bisonti nelle caverne.
In questo numero di Trasumanare ti voglio parlare della preghiera come atto umano, cercando di svuotarla della sua consueta aurea di misticismo, per comprenderla come un formidabile strumento di comunicazione interiore, come uno spazio in cui articoliamo i nostri pensieri, emozioni e aspirazioni più profonde.
Questo spazio, che potremmo definire una sorta di “zona sacra interiore”, non richiede necessariamente una divinità per esistere: è sufficiente la volontà di fermarci, ascoltarci e riflettere. In effetti, pregare può significare parlare con noi stessi, mettere a fuoco le nostre preoccupazioni e dare voce ai desideri che troppo spesso restano intrappolati in un vortice di pensieri confusi. Questo atto di verbalizzazione, di chiarificazione interiore, ci aiuta a mettere ordine nel caos della mente, favorendo la nascita di nuove intuizioni e soluzioni creative.
Infatti sono convinto che uno degli aspetti più interessanti della preghiera è la sua funzione di problem-solving. Pensate a un momento in cui ti sei sentito o sentita sopraffatta da una difficoltà. Magari hai chiuso gli occhi e hai sospirato profondamente, formulando una domanda o un desiderio: “Cosa devo fare?” “Come posso rimediare?”. In quel momento, hai attivato un processo cognitivo potente.
La preghiera organizza i pensieri in modo sistematico. Quando esprimi una preoccupazione o un desiderio, stai dando forma concreta ai tuoi problemi, trasformandoli da emozioni nebulose a parole tangibili. Questo passaggio è fondamentale: una volta che i pensieri assumono una forma definita, puoi analizzarli, riformularli e affrontarli con maggiore chiarezza.
Inoltre, la preghiera stimola la creatività. Invocare aiuto o cercare risposte attiva una parte del cervello che cerca connessioni, associazioni e soluzioni. In un certo senso, pregare è come lanciare una domanda nell’universo della nostra mente e aspettare che emerga una risposta, un po' come accade durante un sogno lucido o una meditazione profonda.
Gli effetti psicologici della preghiera
Pregare non è solo un atto di riflessione, ma anche una pratica che ha effetti tangibili sulla nostra mente e sul nostro corpo, come:
Migliorare la concentrazione: Pregare ci obbliga a focalizzarci su un pensiero o un desiderio specifico, riducendo il rumore mentale e aumentando la chiarezza.
Sviluppare l’anti-fragilità: Affrontare le sfide della vita con un atteggiamento di preghiera può infondere speranza e determinazione, anche nelle situazioni più difficili.
Avviare un dialogo interiore: La preghiera è spesso un dialogo, che sia con una figura divina o con noi stessi. Questo dialogo aiuta a chiarire i pensieri e a mettere in discussione convinzioni o paure.
Affinare le intenzioni: Impostare un’intenzione chiara durante la preghiera è fondamentale. Quando ci concentriamo su un desiderio o un obiettivo specifico, la nostra mente lavora inconsciamente per raggiungerlo, un po' come accade con la visualizzazione.
Spesso sento parlare dei benefici del “pensiero positivo”, ma supporre che essere ottimisti possa influenzare positivamente la realtà mi sembra abbastanza superficiale, e rischia di diventare profondamente egoistico (e autolesivo) se non è accompagnato da un’analisi profonda delle nostre emozioni e dei nostri desideri.
La preghiera (qualunque essa sia) offre uno spazio per confrontarsi con le proprie vulnerabilità, riconoscere le paure e chiedere aiuto, senza negare le difficoltà oggettive.
Anche se inizialmente potrà sembrarti un revival del catechismo, e senza per forza agganciarti un Tu divino a cui rivolgerti, prova a iniziare a dialogare con te stesso o te stessa nella forma di preghiera che preferisci. Hai l’imbarazzo della scelta.