Bignami: Insegnare a vivere di E. Morin
Vivere, al contrario di sopravvivere, significa sviluppare le proprie qualità e potenzialità. Oggi il concetto di ben-essere è stato degradato a un accumulo di beni materiali.
ուրախ կիրակի
Continua il viaggio nella Buona Domenica dal mondo. Questo è l’armeno.
Mi sono accorto che ciò che manca maggiormente all’uomo contemporaneo sia l’educazione al futuro. L’evoluzione tecnologica progredisce molto più velocemente dell’evoluzione umana, per cui il divario tra le possibilità infinite della tecnica e la capacità per homo sapiens di comprenderle sta diventando spaventosamente ampio.
Ho riassunto i concetti principali di Insegnare a vivere, un saggio di uno dei miei riferimenti culturali; Edgar Morin.
Come sempre, mi piacerebbe moltissimo se volessi condividere con me le tue impressioni. Ne farò tesoro per migliorare questa pubblicazione.
In questo pamphlet edito da Raffaello Cortina nel 2015 il sociologo francese invoca un cambiamento radicale non tanto per una semplice riforma del sistema dell’educazione, quanto per il superamento radicale dell’educazione stessa. Morin ci obbliga a ripensare ciò che deve essere insegnato, con attenzione particolare a quello che significa vivere nel nostro tempo.
In un momento di frammentazione sempre più marcata delle conoscenze in specializzazioni e compartimentazioni, l’antropologo francese auspica un ritorno al sapere coagulante della cultura greca classica, dove i saperi facevano parte di un racconto comune, in una dimensione interconnessa e interdipendente.
La grammatica della conoscenza
L’intenzione primaria dell’educatore del Emilio di Rousseau è di insegnare a vivere. Saper vivere è una sfida complessa che richiede diverse conoscenze, dalla sfera personale, a quella sociale e professionale.
Ogni essere umano corre il rischio di errore o illusione, a seconda del suo sistema di conoscenze. La nostra educazione non allena l’individuo a lottare contro l’inganno e l’illusione, perché non insegna cosa sia il conoscere, e i metodi per sfuggire all’errore, superandolo. In questo senso, imparare a vivere significa imparare ad affrontare il rischio dell’errore prendendo scelte pertinenti, che collocano ogni oggetto o evento all’interno di un contesto di riferimento. Amicizie, mestieri, terapie, abitudini, habitat: sono tutte scelte fondamentali che aumentano la qualità di una vita se basate su conoscenze pertinenti.
Secondo Patrick Lagadec la nostra è la civiltà del rischio che fabbrica catastrofi in maniera sistemica. Per questo saper vivere significa sapere affrontare l’incertezza e il rischio, ogni giorno della nostra vita.
L’atteso non si compie, all’inatteso un dio apre la porta. Euripide
Secondo Morin, la nostra educazione ci insegna a vivere in modo insufficiente, poiché ci passa nozioni tecniche e separate tra loro, ignorando i problemi fondamentali del vivere. Vivere, al contrario di sopravvivere, significa sviluppare le proprie qualità e potenzialità. Oggi il concetto di ben-essere è stato degradato a un accumulo di beni materiali: l’automobile, un vestito, il telecomando, le vacanze alle maldive, il personal trainer, sono tutte cose ascrivibili al benessere. Dov’è il posto per la realizzazione di sé, per il proprio personalissimo grado di felicità, per l’intensità degli affetti, per la sicurezza con cui vengono affrontate le sfide di tutti i giorni? Il benessere materiale spesso ignora un malessere psichico, ben più grave e radicato della momentanea gratificazione consumistica del benessere.
Il ruolo della saggezza nella società
La filosofia, nel suo senso letterale e originario, è la vita che interroga se stessa, è un continuo domandarsi sul mondo, sull’uomo, sulla società, sulla verità. Era la saggezza come stile di vita. Oggi anche la filosofia è stata compartimentata e divisa in moltissime discipline, che le hanno tolto quell’impulso primitivo al sapere olistico e interconnesso che invece aveva nella cultura greca classica. Dunque cosa rimane oggi della saggezza?
La spinta prometeica verso il dominio e l’attività sfrenata ha messo in ombra l’aspetto riflessivo e comparativo delle nostre vite, facendo spazio alla superficialità e all’intossicazione consumistica. Nel momento dell’angoscia e del senso di vuoto che si fa? Si corre in oriente, si medita, si pratica Yoga, nella speranza di ritrovare un ricongiungimento tra corpo e anima, che continua a sfuggire. La vita dev’essere un’armonia di prosa e poesia. La prosa riguarda gli aspetti più materiali e pratici, necessari all’esistenza; la poesia invece riguarda l’amore, la pienezza, le carezze per l’anima. La musica, la danza, l’arte, la letteratura, la filosofia non possono essere eliminate dall’esistenza, perché in questo modo tutto il resto diventa arido e privo di senso.
Per questo la saggezza contemporanea deve legare prosa e poesia, ragione e passione. La saggezza contemporanea dev’essere anche l’arte di vivere nella contemporaneità, sapendo affrontare l’incertezza e reinventandosi continuamente. Chi può insegnare a vivere in un contesto così camaleontico? È necessario, secondo Morin, che chiunque abbia il compito di insegnare si muova “verso gli avamposti dell’incertezza del nostro tempo” facendo ricorso alla riflessione e prendendo decisioni in una combinazione di rischio e precauzione. Non si elimina l’incertezza, si negozia con essa.
Dove cresce il pericolo, cresce anche ciò che salva. F. Holderlin
Ultimo obiettivo, non in ordine di importanza, è l’educazione per una vita libera. In questa missione ci vengono incontro le storie di scrittori, pensatori, innovatori e filosofi che attraverso la loro esperienza possono ispirare le nuove generazioni alla libertà.
Ma è altrettanto importante insegnare cos’è la libertà, soprattutto in periodi così caotici come la pandemia che stiamo vivendo, dove spesso la libertà è una bandiera che nasconde l’ignoranza e la violenza. Più è alto il gradi di scelta, più è alto il grado di libertà.
Cosa manca alla scuola oggi?
La scuola oggi non fornisce le difese per affrontare il presente nelle sue incertezze quotidiane, non stimola l’attitudine alla riflessione e all’arte di vivere, non fornisce gli strumenti per la comprensione di sé e degli altri.
Coloro che rifiutano la comprensione condannano la comprensione perché impedirebbe la condanna. E. Morin
Bisognerebbe insegnare la comprensione fin dalla scuola prima, fino a dedicare una cattedra alla comprensione umana in ogni università, con esempi tratti dalla storia, dalla letteratura, dal cinema, dal teatro.
Viviamo un intreccio di molte crisi coesistenti: una crisi di civiltà, una crisi della società, una crisi della democrazia e una crisi economica che si autoalimentano a vicenda. L’umanità è in balia di una finanza ubriaca e del progresso cieco delle scienze. Come si guarisce dalla crisi? Attraverso l’educazione, che deve rigenerare l’individuo e la società dalle sue stesse basi, formando adulti più capaci di affrontare le incertezze, più disposti alla comprensione reciproca, più capaci di riconoscere gli errori, più capaci di affrontare l’avventura della vita, più votati alla vera realizzazione di sé.
Un nuovo programma di insegnamento
L’iper-specializzazione dell’educazione contemporanea accieca l’individuo nei confronti del globale, rinchiudendo il suo punto di vista all’interno di scatole di saperi isolati. Manca l’attitudine a collegare e contestualizzare i saperi all’interno di un sistema di pensiero coagulante. Storia, geografia, arte, poesia, chimica e fisica giocano nello stesso campo di gioco che è la realtà, interconnessa e interdipendente. Attraverso un sistema di pensiero interconnesso scopriamo che il tutto è più della somma delle sue parti, e catturiamo la circolarità del reale. Individui e società sono un esempio perfetto, in quanto la società plasma gli individui, che a loro volta, nella moltitudine sfaccettata di possibilità dell’esistenza, creano la società.
Ritengo impossibile conoscere il tutto se non conosco le parti, né conoscere le parti se non conosco il tutto. B. Pascal
Il programma di insegnamento riformato sulla base della rivoluzione dell’educazione, secondo Edgar Morin deve basarsi sui grandi racconti della storia universale e umana, aiutando così l’abitudine a considerare la Storia come una grande storia di tutte le cose, unite indissolubilmente fin dal primo istante della nascita dell’universo. Una storia bio-antropologica in cui si evidenzia la natura biologica e culturale dell’uomo, intessuta con quella del cosmo. Solo al termine di questo grande racconto che occupa la scuola primaria e secondaria, possiamo ramificare le conoscenze, pur mostrando i loro legami, e permettendo la specializzazione universitaria. Per fare questo le università potrebbero integrare all’interno del percorso di studi un decimo dei corsi a insegnamenti trans-disciplinari.
La biologia, la psicologia, la medicina, la letteratura, la filosofia, la storia, la sociologia, l’antropologia sono solo alcune discipline che studiano l’umano ma non comunicano tra loro. Eppure l’essere umano è nel mezzo di tutte queste discipline. Un racconto olistico e connesso faciliterebbe lo sviluppo di un’identità terrestre. Al di sopra delle limitazioni geografiche, l’uomo deve sviluppare una coscienza collettiva e di condivisione di un destino comune. Spingendoci ancora più in là, dobbiamo pensare a una comunità di destino con tutta la vita sul nostro pianeta, poiché la connessione che si è instaurata tra gli uomini è la stessa che abbiamo con ogni essere vivente.
Conclusioni
Le grandi trasformazioni umane avvengono in queasto modo: ogni innovazione trasformatrice è all’inizio una devianza del sistema, in seguito quella devianza si diffonde divenendo prima una tendenza e poi una forza storica. Internet ha rivoluzionato le modalità di acquisizione dei saperi, garantendo la gratuità, l’immediatezza e la condivisione degli stessi con tutto il globo. Manca però, secondo il sociologo francese, la figura dell’educatore in grado di collegare questi saperi slegati e spesso frammentari in un disegno armonico e in grado di conferire un senso compiuto. Il maestro, rinnovato e mosso dalla passione per la sua missione, deve guidare la rivoluzione pedagogica mettendo insieme i saperi, come un direttore d’orchestra.
L’insegnante non fornisce più nozioni agli allievi, ma dato un argomento, richiede all’allievo di recuperare le informazioni attraverso i libri, su internet, ascoltando un podcast o guardando un video, per presentare infine il suo sapere interconnesso. Il ruolo dell’insegnante è quello di correggere, commentare o apprezzare il lavoro svolto, oltre ad aprire una riflessione insieme all’allievo. La sete di sapere non deve fermarsi in età scolastica, ma bisogna continuare la formazione dell’individuo anche in età adulta. Come? Secondo Morin ognuno dovrebbe tornare a studiare per un mese all’anno, per revisionare e aggiornare le sue conoscenze e mantenere attiva l’auto-analisi e la comprensione di se stesso e del prossimo.
La metamorfosi della società è possibile, ma richiede l’impegno e la volontà di tutti i soggetti coinvolti, dall’individuo alle istituzioni, dall’insegnante all’allievo. E tu, come ti immagini l’educazione del futuro?
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