Sanremo scopre i social nel 2023, proprio mentre assistiamo al loro declino
Tra selfie, auto-promozione e cose da boomer, il festival ha toppato proprio nel tentativo di darsi una svecchiata sui social.
Sanremo mi piace. Lo guardo tutti gli anni. Rappresenta l’Italia che mette in scena sé stessa, come quando si va a fare la passeggiata in centro la domenica pomeriggio, giudicando e facendosi giudicare. È un rito collettivo, trasversale e meta-narrativo.
Essendo un evento nazional-popolare, ognuno ci ritrova pregi e difetti, ed io, forse per deformazione professionale, quest’anno ho notato una presenza esogena e particolarmente ingombrante: Instagram.
Non tanto Instagram come mezzo di comunicazione, quanto più di Instagram come dichiarazione di intenti del Festival ed elemento costituivo dello storytelling di ogni serata.
Tutto nasce con l’apertura dell’account Instagram di Amadeus, durante la prima serata con Chiara Ferragni, che non ne aveva ancora uno tutto suo. Tralascio il commento sul fatto che invece avesse un account di coppia con la moglie.
Fosse finita lì, non ci sarebbe stato nulla di male. Del resto, cosa vuoi far fare alla Ferragni sul palco, oltre a farle usare Instagram?
È che poi questa cosa dell’account di Amadeus è sfuggita di mano. Il conduttore inizia a vantarsi di essere al passo coi tempi mentre fa partire una diretta, ringrazia l’amica influencer per avergli insegnato come si fa, ribadisce il nome utente facendone lo spelling per aumentare follower (a..ma..de..u..so..no..i..o), ci aggiorna due o tre volte a sera su quanta gente avesse iniziato a seguirlo. Quindi Morandi, indispettito dall’inusitato successo del collega, si fa un selfie con la platea, ricordando il suo di nome utente (con tanto di underscore) per non perdere terreno e popolarità. E ancora gli Autogol chiedono prima ad Amadeus di seguirli e poi fanno lo stesso con “tutto il pubblico da casa”. Anche Paola Egonu non vuole restar fuori dalla hall of fame del neo-account di Amadeus e chiede un selfie in diretta.
Con un boost di visibilità del genere, amadeusonoio raggiunge rapidamente il milione di follower e, come ogni influencer che si rispetti, festeggia il grandioso traguardo con l’ennesimo selfie in compagnia di Jody Cecchetto e Andrea Delogu, che non mancano di auto-promuoversi scandendo per bene il loro username.
Non so quanto la Rai ne fosse consapevole, ma fare pubblicità a una piattaforma social e a tutti questi profili significa fare…pubblicità, appunto. Ma Instagram non ha sborsato 1 euro al Festival per questa esposizione mediatica senza precedenti, né tantomeno lo ha sborsato Amadeus, che da oggi si ritrova con un profilo da 1,7 milioni di follower (al tempo della scrittura) che gli frutterà una barca di soldi per ogni post sponsorizzato che pubblicherà, a vita.
Quasi quasi rimpiango il greenwashing di Eni.
Infine, diciamocelo. Tutto questo accapigliarsi intorno al proprio profilo insta “suona” terribilmente demodé. Non solo perché ormai Instagram is the new Facebook, ma perché, più in generale, i social stanno vivendo un momento di grande crisi d’identità, tanto che secondo numerose opinioni, i social sono già morti o stanno morendo.
Tessere le lodi di Instagram nell’era del digital detox è un po’ come portare una bottiglia di whisky a un gruppo di alcolisti anonimi per festeggiare la loro astinenza.
Citando le parole di Morandi, volendo sboomerizzarsi, il Festival si è boomerizzato ancora di più.
Ma c’è ancora una cosa, forse la più grave. Glorificando la figura dell’influencer e concretizzando l’importanza del numero di follower non si fa altro che alimentare una visione distorta della vita, del lavoro e dell’idea di successo.
Non è un mistero che i social media stiano avendo un impatto devastante sulla salute delle persone, soprattutto più giovani; dalla mancanza di concentrazione a scuola o a lavoro, ai problemi psicologici come stress e depressione, ai disturbi alimentari per l’inadeguatezza del proprio corpo, fino addirittura al suicidio.
Ebbene, costruire un fil rouge narrativo del fenomeno televisivo più importante e seguito d’Italia su quanto sia figo avere tanti follower, mi sembra estremamente diseducativo.
Credo che, tra le varie mission del Festival di Sanremo, oltre a parlare di ragazzi in carcere, ricordare le vittime di Siria e Turchia, le Foibe, mostrare i vestiti-hashtag della Ferragni, l’orgoglio patriottico della Egonu e l’impaccio nella non-maternità della Francini, dovrebbe esserci anche spazio per la promozione di un sano rapporto con il proprio io digitale. It’s 2023, boomers.
Consigli di lettura
103 mini-consigli di vita che vorrei avere avuto prima
Mediocrità Premium da