La smaterializzazione del mercato
Ovvero di come le Zero Physical Asset Company plasmano una Zero Physical Asset Society.
Ciao 👋
So che non mi aspettavi questa sera, ma ti do il benvenuto nel primo numero di AWARE Topic, ovvero l’uscita infrasettimanale di AWARE Newsletter interamente dedicata a un argomento specifico. Spero ti piaccia, e che tu voglia condividerla.
La smaterializzazione del mercato
Quando cammino per le corsie del supermercato e vedo il prezzo della verdura, quando ascolto alla radio la notizia dell’aumento del 40% sulle bollette per l’energia, quando sento la gente all’aperitivo lamentarsi del prezzo della benzina, quando un amico mi racconta che la sua multinazionale non ha più agave per produrre il tequila, quando scopro che l’acqua sarà il vero oro del futuro, mi sembra evidente che abbiamo un problema serio con le risorse del nostro pianeta.
Mancano risorse, manca l’energia pulita per produrle, mancano i soldi per creare l’energia e i soldi che circolano valgono sempre di meno a causa dei nuovi soldi che vengono stampati perché non ci sono abbastanza soldi. Iper-inflazione, scarsità di risorse e clima impazzito non compongono un quadro troppo rassicurante, non credi?
Parallelamente, vedo invece colossi dell’economia digitale mangiarsi a bocconi fette sempre più grandi di mercato, senza dover produrre o vendere un solo prodotto fisico.
Sto parlando delle Zero Physical Asset Company, ovvero di quelle aziende a “zero asset fisici” che giocano la loro battaglia su un altro campo: l’interfaccia dell’utente, o per meglio dire, lo schermo del tuo cellulare, o tablet.
Faccio qualche esempio:
Facebook e Twitter sono i più grandi generatori di contenuti di informazione al mondo, eppure non producono nemmeno un contenuto;
Booking.com e AirBnB sono i leader dell’ospitalità mondiale, eppure non hanno nemmeno un albergo o un’abitazione in affitto;
Glovo e JustEat sono colossi della ristorazione, eppure non hanno nemmeno un ristorante e non sfornano nemmeno una pizza;
Alibaba ha il primato del commercio internazionale, eppure non ha nemmeno un magazzino e non produce un solo oggetto;
Everli o Gorillas puntano alla conquista della spesa a domicilio, eppure non hanno nemmeno un minimarket.
E se le Zero Physical Asset Company producessero una Zero Physical Asset Society?
In effetti non ci siamo così lontani. Le nuove generazioni, me incluso, non sono minimamente attratte dalla proprietà; sono piuttosto interessate all’utilizzo secondo necessità.
A pochi di noi interessa acquistare una casa, perché il dinamismo contemporaneo ci porta a cambiare Paese o città molto più spesso, a stare in coppia per tornare single dopo un anno, a decidere di investire in una startup e dormire in un monolocale, e due anni dopo trasferirsi a Bali perché abbiamo raggiunto la Exit, ovviamente in AirBnb. Forse anche per questo il mercato immobiliare ha perso il 30% negli ultimi 10 anni.
Lo stesso discorso vale per gli asset come l’automobile. Perché comprare un bene che rimane inutilizzato per l’80% del tempo?
Forse anche per questo motivo i gruppi Drive Now di BMW e Car2Go di Daimler si sono fusi in Share Now per conquistare l’emergente mercato del car sharing. Ma anche FCA destina quote molto consistenti nel noleggio con Leasys.
Nell’arco dei prossimi 10-20 anni moltissime persone faranno scelte come queste, con il risultato di diminuire drasticamente la quantità di beni necessari alla società. Ogni singola unità verrà utilizzata da molte più persone per maggior tempo. Lo stesso fenomeno succederà per altri beni che passeranno dalla proprietà all’abbonamento (abbigliamento?).
E il pianeta ringrazia. Una società che preferisce l’utilizzo alla proprietà, richiede meno risorse, evitando di mettere sotto stress l’ecosistema.
Certo, questo è il punto di vista di un trentenne che vive in una grande città dell’occidente ricco e avanzato. Le popolazioni delle economie emergenti vogliono vivere il loro boom economico, e consumare e accumulare così come abbiamo noi fatto negli ultimi 70 anni. Ma non è detto, le abitudini di consumo cambiano velocemente e vengono plasmate sui modelli dominanti. Per cui non ci resta che dare il buon esempio, almeno.
Quali saranno le caratteristiche e le abitudini, secondo te?
Ci si vede domenica, con AWARE Newsletter!