Manifesto contro la distrazione di massa
Essere nella vita è tutto ciò che chiediamo.
Ho avuto una brutta influenza durante gli ultimi giorni di questo natale, e per non infettare i miei vecchi mi sono chiuso nella mia stanzetta a smaltire una sbornia di febbre e tosse. Come ogni malanno che si rispetti, mi ha regalato notti gravide di visioni vivide, spaventose e folgoranti.
Venerdì mi sono trovato davanti a una grande cattedrale di pietra, alta e scura. C’era parecchia gente che entrava in chiesa, come una lenta processione di teste chine e spente. Un predicatore sul sagrato, vestito in saio marrone, leggeva ad alta voce un lungo scontrino del supermercato. Parlava in inglese con un ritmo placido e cantilenante.
Una volta entrato nella navata centrale, illuminata dal caleidoscopio cromatico dei vetri dipinti, mi sono accorto di essere il solo ad ascoltare la predica: “Pasci le mie pecorelle” diceva il parroco. La cattedrale era quasi deserta e mi chiedevo cosa ci facessi lì. Mi risposi che ci ero andato per fare contenta mia madre, come capita spesso quando scendo in Calabria.
Al risveglio, un’interpretazione simbolica del sogno mi è parsa piuttosto esplicita. Quella cattedrale era la nostra società; un guscio sacro che abbiamo svuotato di spirito per riempirlo di transazioni. Il predicatore con lo scontrino rappresentava la nuova religione del consumo, la divinizzazione del dato commerciale, la parola che non salva ma fattura. Le "teste chine" riflettevano il collo spezzato verso lo schermo, l'inchino perpetuo all'algoritmo. E il monito "Pasci le mie pecorelle" rappresentava il comando sinistro della rete, che ci nutre di contenuti sintetici per tenerci docili nel recinto della distrazione.
Cercando di trattenere i rimasugli di quel sogno mentre ero ancora incastrato in un dormiveglia lisergico, per un’associazione spontanea mi sono apparse sulle labbra le prime parole del manifesto To be in art is all we ask, scritto da Gilbert & George nel 1970, a me molto caro:
Oh art, what are you? You are so strong and powerful, so beautiful and moving…
Ripercorrendo le trame di questa invocazione rivolta alla musa dell’arte, mi sono chiesto: qual è la musa dell’epoca contemporanea? E chi è il suo più grande nemico?
Sono convinto che il faro da seguire per curare questa società malata è la presenza. Non parlo di una vaga consapevolezza spirituale, ma dell’unica intersezione spazio-temporale che dobbiamo tornare ad abitare, avvertendo il suo attrito di realtà. Curarsi significa smettere di essere ovunque per tornare a riempire, finalmente, un solo luogo: quello in cui si trova il nostro corpo.
Di conseguenza, il demogorgone della nostra società è la distrazione di massa, intesa come una vera industria estrattiva della coscienza, che agisce frammentando la nostra capacità di pensiero profondo, riducendo l'io a un npc della propria stessa vita; alienandolo, anestetizzandolo, allontanandolo dal reale.
Da questa convinzione, e ispirandomi liberamente alla poetica di Gilbert & George, ho scritto il Manifesto contro la distrazione di massa.
Oh Distrazione, quanto sei radiosa quando ti guardiamo dritto nelle tue pupille di vetro. Sei ipnotica e seducente, una madre straniera che ci accoglie in una casa di specchi. Ci fai camminare gobbi in una preghiera muta, prigionieri della nostra stanza-delle-non-possibilità. Ti amiamo mentre ti odiamo.
Oh Presenza, cosa sei mai diventata? Sei così fragile e silenziosa, così invadente quando ci manchi. Ci chiami vicino al tuo fuoco e poi ci spingi lontani da te, nell’inverno freddo di una vita di singhiozzi. Eppure, la nostra esistenza sarebbe già così densa della normalità del tempo, se solo reimparassimo a fissare la mente in una passeggiata o in un cielo stellato senza testimoni.
Oh Distrazione, da dove vieni? Chi ha partorito un essere così strano, capace di renderci profughi della coscienza? Per chi sei stata concepita: per i poveri dell’adesso o per coloro che hanno perso la gravità? Sei un germoglio lucente della modernità o sei l’invenzione di un nuovo prometeo che si nutre dei nostri sguardi? Tutte le mattine ti cerchiamo prima ancora di ricordare il nostro nome. Sei vestita di luce blu, ornata dei nostri occhi che ti diamo in pegno. Sei ovunque, leggera come il potere e pesante come l’aspettativa, capace di farci essere e sparire nel medesimo istante.
Oh Presenza, tu sei la nostra unica salvezza. Ti abbiamo intravista, in un pomeriggio di nebbia e notifiche, come un sole pallido a ricordarci la via. Ci siamo convinti di vederti in una strada del centro: eri vestita di dubbio, avevi le mani sporche d’inchiostro e lo sguardo sopra i tetti. C’era nel tuo incedere la stanchezza di chi è stato tradito, e noi ci siamo avvicinati nervosi e increduli, ma mentre ci stavamo per abbracciare una vibrazione nelle nostre tasche ti ha nuovamente ridotto in frantumi.
Distrazione, siamo stanchi di essere i tuoi schiavi devoti. Ci sentiamo personaggi-non-giocanti nella tua recita della connessione, sempre visti, mai incontrati. In vero ti amiamo e ti odiamo. Sei la droga che anestetizza i nostri silenzi, sei la voragine che spalanca il nostro vuoto.
Presenza, noi vogliamo tradire la Distrazione per tornare finalmente a noi stessi. Vogliamo annoiarci, Oh Presenza, vogliamo annoiarci così tanto da sentire di nuovo bisbigliare i nostri pensieri. Vogliamo ricostruire i pezzi distrutti in anni di assenza. Vogliamo tornare a sentire il profumo di una conversazione senza aggiornamento.
Oh Distrazione, oggi ti scriviamo questo manifesto per dirti addio, pur sapendo che sarai sempre lì come una mosca molesta nell’orecchio al mattino, e dirti che non saremo più i tuoi residenti. Forse visitatori occasionali, turisti consapevoli, mai non sudditi. Ti abbiamo vista per quello che sei: una brutta copia della vita, una debole eco che scompare al tuono della verità.
Oh Presenza, per favore, facci tornare a casa. Vogliamo tornare ai nostri corpi, alla fatica nobilitante della concentrazione, a quella sensazione di essere completamente immersi dentro un oceano che non ci terrorizza, quello della nostra identità pura. Vogliamo tornare nelle cantine della nostra mente, con la torcia in mano, curiosi di incontrare i mostri, in agguato, nei corridoi che non abbiamo mai avuto il coraggio di illuminare.
Essere nella vita è tutto ciò che chiediamo. Essere nella vita è tutto ciò che faremo.
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Buone feste, ci si vede domenica prossima 👋


