Quante competenze professionali dovresti sviluppare?
La specializzazione è il futuro! si proclamava nell'era industriale, costruendo vite professionali sempre più ristrette e definite, come stanze senza finestre dove l'esperto passava l'intera esistenza
A volte provo a immaginarmelo, Leonardo, chino nel suo studio che traccia con mano ferma i contorni di un'anatomia umana mai vista prima. Una genesi.
E mi vengono le vertigini a pensare che in quelle stesse mani, capaci di disegnare le venature di un cuore anatomico perfetto, risiedeva la capacità di scolpire il marmo, di progettare immensi marchingegni teatrali, di inventare macchine volanti e da guerra.
Non era semplicemente un artista, né puramente uno scienziato. Era una cattedrale di saperi, dove ogni navata conduceva a una competenza diversa, tutte però riunite sotto la stessa volta: la curiosità inesauribile dell'uomo rinascimentale.
Per secoli, abbiamo guardato figure come Leonardo con ammirazione e nostalgia, considerandole irripetibili eccezionalità di un'epoca irrecuperabile. La specializzazione è il futuro! si proclamava nell'era industriale, costruendo vite professionali sempre più ristrette e definite, come stanze senza finestre dove l'esperto passava l'intera esistenza padroneggiando un singolo, limitato dominio.
Poi, qualcuno ha disegnato una T.
La metafora visiva della T rappresenta un primo, timido tentativo di riconciliazione con l'ideale rinascimentale: una competenza profonda, verticale, sostenuta da una conoscenza orizzontale più ampia ma meno profonda in altre discipline. È un modello che ha dato conforto alle anime inquiete che non riuscivano a contenersi nei compartimenti stagni della specializzazione estrema, offrendo loro un compromesso: Specializzati, sì, ma non chiudere gli occhi al resto del mondo.
Da qualche parte nella metà degli anni zero, le aziende non cercavano più solo esperti, ma persone-a-forma-di-T. Il programmatore che sapeva anche di design, la biologa che comprendeva le implicazioni etiche della sua ricerca, il contabile con una comprensione della psicologia umana. La T ha iniziato a comparire nei curriculum vitae e nelle strategie aziendali.
Ma vent’anni scorrono molto più velocemente, di questi tempi, e la T, per quanto rivoluzionaria rispetto alla specializzazione monolitica, si sta rivelando anch’essa incompleta, come un'architettura instabile. Un piede solo, per quanto profondamente piantato, non offre l'equilibrio necessario per danzare con la complessità del mondo contemporaneo.
Credo che sia arrivato il momento di aggiungere un secondo pilastro.
La persona-a-forma-di-tavolo non ha più una sola competenza profonda, ma due. Due pilastri di conoscenza approfondita, distanti tra loro, apparentemente scollegati, che sorreggono un piano di conoscenze più ampie. Questo modello architettonico offre qualcosa che la T non poteva garantire: stabilità, equilibrio e, soprattutto, uno spazio più ampio su cui costruire connessioni inaspettate.
Frans Johansson, nel descrivere quello che ha battezzato "Effetto Medici", ci ricorda che l'innovazione più dirompente raramente nasce all'interno di un singolo campo, ma piuttosto all'intersezione di discipline diverse. I Medici, famiglia di banchieri fiorentini, non foraggiarono il Rinascimento finanziando esclusivamente pittori o esclusivamente scultori o esclusivamente matematici. Il loro colpo di genio fu nel riunire sotto lo stesso tetto – nelle stesse stanze, attorno agli stessi tavoli – menti diverse, creando un crocicchio sociale dove le idee potevano scontrarsi, fondersi, trasformarsi in qualcosa di mai visto prima.
La persona a forma di tavolo incarna questa intuizione: non è la profondità in sé a creare l'unicità, ma la combinazione insolita di profondità diverse.
La Matematica dell'Eccellenza
Il mio algoritmo social mi propina spesso video motivazionali per entrare nel fantomatico 1% della popolazione, e perché no, anche nello 0,1%!
Vogliamo essere in cima, essere i migliori, i numeri uno. Ma questa visione unidimensionale dell'eccellenza è particolarmente frustrante e limitante. Quanti possono essere i "migliori"? Non c’è molto spazio nell’attico dello 0,1%.
Come sottolinea Adam Grant in Originals, la vera originalità raramente deriva dall'essere il migliore in assoluto in una singola disciplina, ma dal creare combinazioni inedite. Diventare il miglior violinista del mondo è un'impresa titanica, quasi impossibile. Diventare un violinista nella fascia alta della competenza e, contemporaneamente, un fisico acustico di buon livello potrebbe invece aprire varchi professionali inediti.
La matematica è semplice: diventare il primo assoluto in qualsiasi campo richiede un investimento di tempo, energia, talento e fortuna che rasenta l'impossibile. Al contrario, raggiungere il primo 25% in due ambiti distinti è un obiettivo alla portata di molti. E qui sta la magia: la sovrapposizione di due competenze al livello del 25% può creare una nicchia di reale unicità: pionieristica esplorazione di territori vergini.
Cal Newport, nel suo So Good They Can't Ignore You, descrive questo fenomeno come la creazione di un "capitale di carriera" unico. Non si tratta semplicemente di accumulare competenze come si collezionano monete, ma di investirle strategicamente per creare qualcosa di maggior valore. Due monete d'oro separate valgono esattamente la somma del loro valore intrinseco. Ma la stessa quantità d'oro, forgiata in un gioiello unico, acquisisce un valore che trascende il materiale: diventa opera d'arte, oggetto di desiderio, unicità.
La storia di Jack
Costruire se stessi come un tavolo non è un processo istantaneo, né sempre pianificabile con precisione marziale. È più simile alla crescita di un albero: possiamo piantare i semi in terreni scelti con cura, nutrirli con dedizione, ma il modo esatto in cui i rami si svilupperanno ha sempre un elemento di sorpresa, di organicità.
La storia del mio caro amico Giacomo illumina perfettamente questa dinamica. Per anni, Giacomo ha vissuto due vite apparentemente separate: quella del cuoco esperto che lavorava nelle cucine affollate di Milano Marittima durante l'estate italiana, e quella del surfista appassionato che inseguiva le onde perfette in giro per il mondo durante l'inverno. Due mondi distinti, due competenze che sembravano destinate a rimanere parallele, senza punti di contatto evidenti.
Fino a quando l'Australia non ha catalizzato una trasformazione. In quella terra di confine Giacomo ha trovato lo spazio per unire le sue due anime. Ha iniziato organizzando semplici feste in spiaggia, dove offriva street food italiano autentico ai surfisti locali, accompagnando il tutto con della buona musica. Ciò che sembrava una semplice sovrapposizione di interessi è fiorito in un'identità professionale completamente nuova: un creatore di eventi che oggi attira migliaia di viaggiatori da tutto il mondo, sedotti dalla combinazione irresistibile di cibo verace, surf e dj emergenti.
La bellezza di questo processo è che non richiede necessariamente una pianificazione dettagliata delle connessioni finali. Spesso, è proprio l'apparente assenza di connessioni immediate che rende il risultato finale così sorprendente e innovativo. Non sapere esattamente come due passioni si intrecceranno è parte integrante del processo.
La genesi delle mie due core-competences
Anche la mia storia personale si dipana lungo due vie apparentemente divergenti: il digital marketing e la meditazione. Due mondi che, a un primo sguardo, sembrano appartenere a universi separati – uno immerso nella frenesia digitale, nei dati e nelle strategie commerciali; l'altro radicato nella quiete, nell'introspezione e nell’immobilità.
Lavorando come consulente marketing, ho avuto il privilegio di osservare dall'interno (ma come ospite) svariate realtà aziendali, ciascuna con le proprie dinamiche umane, i propri entusiasmi e le proprie criticità.
Parallelamente, il sentiero della meditazione mi ha condotto in profondità dentro me stesso. Un viaggio interiore che mi ha insegnato prima a comprendere e trasformare la mia natura, poi a realizzare progetti sempre più gratificanti. Due cammini che per anni sono sembrati separati, eppure crescevano contemporaneamente, come le due gambe di un tavolo in costruzione.
Poi, come spesso accade nelle grandi narrazioni umane, è emersa la sintesi. Un progetto di percorsi meditativi dedicati specificamente a manager e professionisti per la gestione dello stress. Non si tratta semplicemente di insegnare tecniche di meditazione, ma di farlo parlando la stessa lingua dei miei clienti, senza ricorrere alla retorica mistica che spesso caratterizza questo ambito. È un approccio che nasce esattamente dall'intersezione unica delle mie competenze: la comprensione profonda delle dinamiche aziendali e delle pressioni che i professionisti affrontano quotidianamente, unita alla conoscenza pratica di tecniche di meditazione efficaci.
Il passaggio dalla persona a forma di T alla persona a forma di tavolo non è semplicemente un cambio di metafora: è un invito a ripensare profondamente il nostro rapporto con la conoscenza, con il lavoro, con l'identità professionale stessa.
È un invito a chiedersi: Quali sono le mie due vocazioni più profonde? Come potrebbero intrecciarsi per creare qualcosa di unico? Quale tavolo sto costruendo con la mia vita?
Non esiste una risposta universale a queste domande. Ogni persona deve trovare i propri pilastri, le proprie connessioni, la propria architettura personale. Ma in un mondo che continua a premiare l'unicità, la creatività e la capacità di navigare complessità crescenti, il modello del tavolo offre una bussola preziosa.