Motivashownal
La motivazione è intrattenimento. L’ispirazione è uno show in onda sui nostri schermi 24 su 24.
“Hai le stesse 24 ore di Beyoncé.” Ho visto un reel che partiva così. Uno dei tanti video motivazionali che mi passano sotto gli occhi quando decido di fare una capatina su Instagram (sono già abbastanza boomer per non avere TikTok).
A corollario di codesti contenuti ci sono montagne all’alba, palestre vuote alle 5 del mattino, MacBook su scrivanie minimaliste, musica epica in crescendo. Il messaggio di fondo più o meno è di questo tipo: se non ce la fai, è colpa tua. Beyoncé ha i tuoi stessi minuti, eppure lei è Beyoncé e tu?
Una retorica di marchesedelgrilliana memoria: “io so io, e voi non siete un cazzo”… però il messaggio subliminale è che anche tu potresti dire “io so io…” ma non sei abbastanza motivato o motivata per farcela.
Che poi Beyoncé abbia un’équipe di 47 persone (ho sparato a indovinare) e un patrimonio stimato in mezzo miliardo di dollari è del tutto secondario. L’importante è sentirsi ispirati.
L’industria del motivashownal (ti piace questo mio neologismo?) è una catena di montaggio con un modello semplice ed efficace: individua un’insicurezza universale (la paura del fallimento, l’ansia da confronto sociale, il senso di inadeguatezza) e vendi la soluzione emotiva in formato digeribile. Piccole dosi di adrenalina psicologica, pacchetti di autostima temporanea, spray di fiducia istantanea.
Il filosofo britannico Mark Fisher, nel suo - peraltro consigliatissimo - Realismo Capitalista, ha descritto con precisione come il neoliberismo abbia trasformato ogni fallimento strutturale in responsabilità individuale. Non trovi lavoro? Devi lavorare sulla tua mindset. Non riesci a comprare casa? Probabilmente non hai abbastanza hunger (la cazzimma de noartri). In pratica, la società ha smesso di garantire opportunità, ma ha iniziato a vendere motivazione come surrogato.
E il mercato è fiorente. Ogni giorno milioni di persone si svegliano recitando mantra come “Hustle in silence, let success make the noise” (comunicandolo ai quattro venti, ça va sans dire) o “No pain, no gain” o ancora “Never give up”. Il loro animale totemico è il leone, solitario e king della produttività nella savana, nonostante quello “originale” dorma circa 20 ore al giorno.
Questa industria non vende risultati. Vende la sensazione del risultato. E qui sta il suo genio: è molto più facile consumare motivazione che tradurla in azione concreta.
Il pornhub della produttività
Quello che consumiamo quotidianamente come “contenuto motivazionale” non lo chiamerei altrimenti che pornografia della produttività.
Come la pornografia tradizionale simula l’intimità senza richiedere vulnerabilità né relazione autentica, il motivashownal simula il progresso senza richiedere il lavoro reale. Fornisce lo stimolo, l’eccitazione, persino un certo appagamento momentaneo, ma lascia intatta la distanza tra te e ciò che vorresti effettivamente ottenere.
Guardando un video di qualcuno che si allena alle 4 del mattino è facile provare un brivido di identificazione. Ci si sente temporaneamente persone migliori, già incapsulati nella perfetta morning routine. Il cervello rilascia una piccola dose di dopamina. Ci sentiamo bene, e dopo? Torniamo a letto, con la coscienza leggermente più pulita perché almeno abbiamo pensato di allenarci.
Ci ingozziamo di fast food emotivo: immediato, gratificante, nutrizionalmente vuoto.
Alain de Botton, filosofo e co-fondatore della School of Life, ha osservato acutamente come la cultura contemporanea abbia sviluppato un’ossessione malsana per l’entusiasmo. Cerchiamo costantemente il brivido, l’ispirazione, quel momento magico in cui tutto trova il suo posto. Ma, come nota de Botton, la serenità e il compimento reale nascono dall’accettazione della noia, non dal costante inseguimento dell’eccitazione emotiva.
Il problema è che la noia non si monetizza bene. Non genera visualizzazioni. Non diventa virale.
Lo show della motivazione
Dunque, la motivazione è diventata essa stessa una performance sociale. Non basta più essere motivati (ammesso che significhi qualcosa); bisogna mostrare di esserlo.
Condividiamo citazioni ispiratrici. Postiamo foto della sveglia alle 5:00. Documentiamo sessioni di studio, di allenamento, le corse su Strava (anche io, lo ammetto), le pagine sottolineate dei libri letti. Non per noi stessi, ma per costruire la narrazione pubblica di chi siamo. O meglio: di chi vorremmo che gli altri pensassero che siamo.
Ho notato anche un’altra conseguenza di questa cultura: abbiamo sviluppato un’aspettativa irrealistica di dover essere costantemente ispirati per agire. Come se l’azione legittima potesse nascere solo da un’esplosione di entusiasmo. Mi sembra di scorgere l’idea che il lavoro significativo debba sempre essere accompagnato da una colonna sonora epica e da un senso di trascendenza. Che se non ti senti pumped, se non hai quella scarica di energia, allora forse non è il momento giusto, o non è la cosa giusta.
A questo proposito, mi viene in mente Seneca: “Nulla si fa con l’impeto, tutto con la perseveranza.”
Il sistema anti-motivazionale.
O del come agire senza entusiasmo, perché adesso è arrivato il momento di sporcarsi le mani.
La mia prospettiva è questa: non possiamo decidere di essere motivati, ma possiamo costruire sistemi che rendano l’azione indipendente dal nostro stato emotivo. La soluzione non è trovare più motivazione, ma averne bisogno di meno. Ora ti dico come potresti fare.
⏱️ La regola dei 2 minuti
James Clear, autore di Atomic Habits, ha formulato un principio ingannevolmente semplice: quando inizi una nuova abitudine, non deve richiedere più di due minuti.
Non “voglio correre una maratona” ma “mi vesto per l’allenamento e indosso le scarpe da running”.
Non “scriverò un libro” ma “accendo il PC e apro l’editor di testo”.
Non “devo meditare un’ora al giorno” ma “posso meditare due minuti prima di andare a lavoro”.
Perché funziona? Perché aggira completamente il problema della motivazione. È impossibile non avere voglia di fare qualcosa per due minuti. Il trucco è che, una volta iniziato, la fisica dell’inerzia lavora a tuo favore: un corpo in movimento tende a rimanere in movimento. Spesso quei due minuti diventano venti. A volte due ore.
Applicazione pratica: Identifica l’azione più piccola possibile legata al tuo obiettivo. Così piccola da sembrare stupida. Quella è la tua soglia di ingresso. Falla ogni giorno, indipendentemente da come ti senti.
📅 Il principio del Non-Zero Day
Questo concetto, nato su Reddit e diventato un piccolo fenomeno di culto, è piuttosto semplice: non terminare mai una giornata con zero progressi verso il tuo obiettivo. Non importa quanto piccolo sia il progresso. Dieci addominali vanno bene. Una paragrafo scritto conta. Cinque minuti di respirazione consapevole fanno effetto.
L’idea è passare dal pensiero binario “oggi ho fatto tutto/oggi non ho fatto niente” a una concezione scalare del progresso. Ogni giorno sopra lo zero è una vittoria, e la somma di 365 piccole vittorie batte sempre i 7 giorni “perfetti” seguiti da 358 giorni di nulla.
Applicazione pratica: Alla fine di ogni giornata, chiediti: “Ho fatto almeno una cosa, per quanto piccola, verso ciò che conta?” Se la risposta è no, vai a farne una. Subito. Anche se è tardi e devi solo leggere una pagina o fare dieci piegamenti. Proteggi ferocemente il tuo non-zero day.
Intenzioni “aumentate”: Quando, Dove, Come
Una ricerca dello psicologo Peter Gollwitzer ha dimostrato qualcosa di straordinario: le persone che formulano intenzioni nel formato “Quando [situazione], farò [azione] in [luogo]” hanno tassi di successo drasticamente più alti rispetto a chi si limita a “voglio fare X”.
“Voglio allenarmi di più” è una speranza. “Lunedì, mercoledì e venerdì, alle 7:00, farò 30 minuti di allenamento nel mio salotto” è un piano. Il cervello tratta queste due cose in modo completamente diverso.
Applicazione pratica: Prendi il tuo obiettivo e traducilo in intenzioni “aumentate”. Scrivi letteralmente: “QUANDO [trigger temporale o contestuale], FARÒ [azione specifica] IN/CON [luogo/strumenti]”. Più è specifico, meglio è. “Quando mi sveglio” è vago. “Quando suona la sveglia alle 7:00” è più concreto.
🛋️ Design ambientale o architettura della pigrizia
L’ambiente che ti circonda è più forte della tua volontà. Se hai dolcetti sul comodino, li mangerai. Se hai Netflix a un click di distanza, lo guarderai. Se il tuo telefono è sempre in tasca, lo controllerai.
La soluzione non è avere più forza di volontà, ma progettare ambienti dove il comportamento desiderato sia la via di minor resistenza. Gli architetti chiamano questo principio “nudging“, ovvero lo spingere gentilmente verso scelte migliori attraverso il design.
Ho anche scritto una guida su come entrare nello stato di flusso, a comando.
Applicazione pratica:
Vuoi leggere di più? Metti un libro sul cuscino prima di andare a dormire. E ricarica lo smartphone in un’altra stanza.
Vuoi mangiare meglio? Non comprare cibo spazzatura. Non puoi mangiare ciò che non hai.
Vuoi smettere di bere? Non tenere alcol in casa.
Vuoi iniziare a correre? Prepara tutto il necessario la sera e mettilo già pronto in salotto così non dovrai disturbare nessuno e non dovrai brancolare nel buio dell’armadio cercando i calzini.
Rendi facile ciò che vuoi fare e difficile ciò che vuoi evitare. È ingegneria comportamentale elementare.
❌ Tracking visivo sul calendario
Jerry Seinfeld, il comico, ha rivelato il suo metodo per scrivere battute ogni giorno: un calendario da muro e un pennarello rosso. Ogni giorno in cui scrive, mette una grande X rossa sul calendario. Dopo qualche giorno, si forma una catena. L’unico obiettivo diventa: non spezzare la catena. Forse hai notato anche tu un processo simile su Duolingo?
Funziona perché rende il progresso visibile e tangibile. Non è più un’astrazione mentale (”sto migliorando?”), è un fatto fisico che puoi vedere. E la catena sviluppa una sua forza psicologica: più diventa lunga, più diventa doloroso spezzarla.
Applicazione pratica: Compra un qualsiasi calendario da muro. Scegli un’abitudine che vuoi costruire. Ogni giorno che la fai, segna una X bella visibile. Dopo due settimane, quella catena inizierà a parlare da sola.
Qualche anno fa la mia compagna ha utilizzato questo metodo per aiutarmi a eliminare un’abitudine negativa, nel mio caso, rendendola visibile ogni volta che succedeva e facendomi rendere conto visivamente della sua frequenza.
Life Planner su Notion
Se non l’hai ancora visto, ho creato un life planner su Notion che sicuramente ti sarà di grande aiuto con il raggiungimento di tutte le tue sfide ✅
Hai altre strategie anti-motivazionali da consigliarmi? Scrivile nei commenti :)
Il progresso silenzioso
La controcultura del motivashownal oggi è la costanza anonimizzata. È l’atto “radicale” di lavorare su qualcosa per mesi senza condividere gli aggiornamenti, evitando la validazione esterna per ogni piccolo passo. Questo non significa vivere da eremiti digitali. Significa ripristinare una gerarchia sana: prima il fare, poi (eventualmente) il raccontare. Non il contrario.
Prova questo esperimento: lavora sul tuo obiettivo per 30 giorni senza dire a nessuno cosa stai facendo. Niente post, niente stories, niente “aggiornamenti”. Solo tu e il lavoro. Osserva cosa succede quando rimuovi la gratificazione sociale dall’equazione.
Scoprirai una cosa interessante: o il tuo obiettivo era genuino (e continuerai comunque), oppure era principalmente una performance identitaria (e probabilmente lo abbandonerai). È un test di autenticità parecchio efficace.
E infine vedrai; la motivazione non sarà più il carburante dell’azione, ma il suo sottoprodotto. Quando fai qualcosa ripetutamente, anche controvoglia, la motivazione emerge naturalmente come dipendenza genuina. In ogni caso, dovrai fare pace con questo ordine causale: prima l’azione, poi la motivazione. Non viceversa.
Dall’archivio di trasumanare
Quante competenze professionali dovresti sviluppare?
A volte provo a immaginarmelo, Leonardo, chino nel suo studio che traccia con mano ferma i contorni di un'anatomia umana mai vista prima. Una genesi.






