Tutti vogliono essere tutto
In un’epoca di infinite possibilità, scopri come smettere di inseguire vite altrui e ritrovare la profondità: tra presenza, fedeltà e la calma di un lago interiore.
C’è un rumore sottile nel nostro tempo; sottopelle, bianco, elettrico, sintetico. È il ronzio della promessa continua che potremmo essere di più, che siamo gli invitati d’onore a un buffet gargantuesco pronto a offrirci quello che desideriamo, se solo allungassimo la mano, se solo trovassimo il coraggio, se solo avessimo l’outfit richiesto, se solo conoscessimo la parola chiave.
Tutte le volte che accendiamo uno schermo apriamo infinite finestre, ci affacciamo su giardini altrui e l’aria che entra ha sempre il profumo dell’erba del vicino. Cominciamo a respirarla come se fosse ossigeno nostro. Cominciamo a desiderare come se fossero desideri nostri. Cominciamo a sentirci in ritardo ad appuntamenti che non sono i nostri.
All’inizio è innocuo, divertente, dopaminico. Ci convinciamo di poterci andare per davvero in tutti quei giardini. Poi, l’ossessione di troppe finestre aperte ci fa dimenticare da quale porta siamo entrati e a forza di respirare il mondo degli altri ci siamo dimentichiamo del nostro odore.
Ci hanno detto di sentirci fortunati perché nessun’altra generazione ha avuto così tante vie d’uscita, così tanti possibili inizi, così tante versioni migliori di sé. Eppure non siamo mai stati così stanchi, alieni seduti sui bordi di esistenze non ancora iniziate.
Siamo diventati cimiteri di personaggi, irrequieti, instabili, terrorizzate all’idea di accontentarsi, dispersi con le mappe nelle mani. Flirtiamo con l’immagine che potremmo diventare, inseguiamo le vibes, saltiamo sul carro dell’ultimo trend.
Quando tutto può cambiare con un gesto, nulla ha il peso per radicarci. Viviamo in una bozza non salvata, nell’attesa di un’opzione che ci gratifica di più. Non ci facciamo scegliere, non vogliamo scegliere. Così ci siamo convinti che l’abbondanza sia un sinonimo di ricchezza e siamo diventati collezionisti di alternative, accumulatori d’identità.
A volte anche io ripenso a tutte le versioni di me che ho accarezzato senza viverle. Professioni che ho immaginato con stupore cinematografico, amori che ho sfiorato con gli occhi chiusi e il cuore caldo, città di cui conoscevo i prezzi al metro quadro ma non le loro strade e la loro luce al tramonto.
Durante i miei vent’anni mi sembra di aver camminato nel corridoio di un grande teatro con decine di porte socchiuse, dietro le quali c’era una scena diversa che aspettava la mia comparsa. Spettatore del possibile, perso nel labirinto di possibilità, confuso dalla libertà.
Poi ho finalmente compreso che la profondità si crea nella fedeltà, nell’insistenza, nella presenza. La vita non si apre moltiplicandola, ma allargandola, facendole spazio, consegnandole i documenti.
Per questo, dopo anni passati a galleggiare con i braccioli, ti invito a imparare a sprofondare:
in un progetto
in una relazione
in una stanza
in uno sport
in un libro
in un sentiero
Fatti conoscere da qualcosa, o da qualcuno, fino a non dover più vergognarti nell’essere nuda. Fai qualcosa che duri nel tempo, riscopri la devozione, non smettere finché non si spegne la candela.
Pensa alla tua mente come a un lago di montagna. Tu sei sulla riva mentre getti continuamente sassolini nell’acqua: pensieri fugaci, decisioni rimandate, confronti inutili, desideri presi in prestito, possibilità non tue. L’acqua si increspa, si confonde, perde la propria trasparenza. Guardi la superficie e non vedi nulla: né il fondo, né il riflesso del cielo, né la tua figura. Solo le increspature.
Quando smetterai di lanciare sassolini e permetterai ai pensieri di rallentare, ai confronti di dissolversi, agli schermi di spegnersi, alle voci di affievolirsi, al bisogno di essere tutto di abbandonarti, l’acqua tornerà immobile. In quella calma, finalmente, tornerai a vedere il fondo, il riflesso del cielo, il tuo corpo tremolante affacciarsi, e riconoscersi.
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Dall’archivio di Trasumanare
REWIND ⏪ Vivere al contrario
Qualche sera fa ho ricevuto questo messaggio da un lettore di Trasumanare. È una rivisitazione di un’intervista a Woody Allen, in cui ironicamente esprimeva il medesimo concetto.
➡️ Un ringraziamento a
per l’ispirazione del titolo, dal suo recente Tutti vogliono vendere tutto.






