Addomesticare il caos: come creare una mente da monaco zen
Una manciata di stratagemmi per trasformare il cervello nel tuo più grande alleato.
La mente non può smettere di pensare. Il pensiero è la sua unica professione e la eserciterà con zelo burocratico, soprattutto quando la supplichi di fare silenzio. Il problema non è silenziare la mente, ma farsi amico il rumore, accorgersi dei propri pensieri più profondi e non tremare.
Addomesticare il caos e creare una mente zen significa smettere di aver paura quando ti capita di sentire i mormorii che salgono dalle tubature della coscienza e riconoscere che quella voce, per quanto distorta, è la nostra.
Negli anni ho collezionato una manciata di stratagemmi; piccole transazioni che ho negoziato con il mio cervello per ottenere, se non la pace, almeno una tregua.
Ogni decisione è un piccolo rubicone da attraversare. Per questo, semplificare la vita è il primo colpo di spugna sul rumore di fondo. Fare la stessa colazione per settimane non è monotonia, è un patto con il tempo. Selezionare una decina di vestiti che ami e disfarti di quella parete affollata di capi mal piegati nell’armadio è una pec consegnata al tribunale dell’ordine mentale. Le routine non sono prigioni, ma architetture che tengono su il soffitto mentre cerchi di respirare. Riduci, libera, elimina.
Spesso il disagio mentale parte dal disagio fisico. Il cervello traduce in pensieri le lamentele di un corpo stanco, scomodo, poco stimolato, contratto. Quando la mente entra in buffering, mettersi in movimento è sempre una buona scelta. Fatti una corsetta, riordina casa, cucina una torta, balla. Come ho già scritto in un numero precedente, l’azione vince sempre sul pensiero.
Stress, ansia, tristezza sono parole-ombrello sotto cui ci ripariamo dalla pigrizia del dare un nome alle emozioni precise. Fermarsi per capire cosa si prova, esattamente, dare il giusto nome alle cose è come accendere una lampada in una stanza buia. Le sensazioni vaghe prendono forma, diventano misurabili, familiari, meno spaventose. A volte è senso di colpa, a volte è gelosia, altre volte è solo stanchezza, oppure rimpianto, risentimento, una ferita d’orgoglio che non vuoi curare. Allora, cos’è, davvero, che stai provando in questo momento? Se conosci il nome di chi ti sta svaligiando casa, non è più un ladro, ma un coinquilino molesto.
La vita accade molto più lentamente di quanto corre nella testa. Al nostro cervello tutto sembra urgente, imminente, irrimandabile. Non è mai così. Il cervello vuole tutto e subito; la vita invece ha bisogno di anni interi, di stagioni, di frattempi. E sono proprio quei frattempi che determinano la qualità della tua esistenza, non i momenti apicali, non le folgorazioni. La vita non è una Summer Hits Compilation, ma la somma delle ore in cui non succede niente di instagrammabile. Temporeggia, abbi pazienza, finisci una cosa prima di iniziarne un’altra.
Tutti dicono che l’intestino è il secondo cervello, io dico pure che il cervello è il secondo intestino. Più informazioni gli butti dentro, più diventa infobeso. Il doomscrolling è l’equivalente cerebrale di un’abbuffata al McDonald’s: puoi farla una volta al mese per accarezzare il brivido colpevole dell’autolesionismo, ma non potresti sopportarla per quattro o cinque volte al giorno. Il cervello si gonfia, si intasa, inizia a vomitare opinioni perché non riesce a digerire le riflessioni. Scegli le cose lunghe, lente, complete: un libro, un album intero, un film d’autore, un articolo di approfondimento.
La natura adora il silenzio; non scordarti di essere natura anche tu. Non c’è sempre bisogno di un podcast mentre cammini, una playlist upbeat mentre ti alleni, un telegiornale mentre mangi. La realtà è già un’ottima compagnia. Philippe Daverio raccontava che ascoltare musica costantemente è un lusso universale recentissimo. Fino a meno di un secolo fa, per la grande maggioranza delle persone la musica era un’esperienza rara: un concerto, una festa popolare, una messa. Talvolta, lui decideva di “ascoltare Beethoven ad altissimo volume guidando a 250 km/h in autostrada”. Un’esperienza mistica, diceva. Ma era limitata nel tempo, ed era proprio quella rarefazione a renderla intensa. Il silenzio è lo spazio dove la tua voce interiore smette di urlare per farsi sentire sopra il frastuono.
Una vita all’istante
spettacolo senza prove.
Corpo senza modifiche.
Testa senza riflessione.
Non conosco la parte che recito.
So solo che è la mia, non mutabile.
È l’incipit della poesia Una vita all’istante di Wisława Szymborska. La vita è una costante debutto teatrale senza mai la possibilità di una prova generale. Non troverai la pace nel programmare tutto, ma nel non averne più bisogno. Gli dei del controllo promettono sicurezza e consegnano ansia. Abbandonati al fatto che la vita accadrà comunque, con o senza il tuo permesso.
L’ansia crea una bolla in cui ti sembra di essere solo o sola alla deriva su una zattera, in balia della corrente, mentre tutti gli altri navigano in crociera. Non è vero. I traumi, le preoccupazioni, i sogni, le paure: sono monete condivise nel mercato dell’esistenza. Una conversazione sincera, sfatta, singhiozzante con un amico o un’amica è spesso salvifica. È così liberatorio sentirsi in compagnia nel tentativo di decifrare il bugiardino dell'essere adulti. Da soli è un’agonia; insieme è un’avventura.
Stiamo tutti quanti giocando al gioco della vita. Ci sporchiamo nel regno del relativo e possiamo provare a convincerci che la realtà finisca con la recinzione del parchetto, ma se ci fermiamo, se ci sediamo in meditazione e ascoltiamo il respiro, capita di ritrovarsi in un altro spazio: quello dell’assoluto. Ci accorgiamo di non essere altro che una gocciolina dell’oceano che, staccandosi per qualche istante dalla sua onda, si convince di essere unica, separata, indipendente. Inevitabilmente però, siamo destinati a ritornare all’oceano: immutabile, sconfinato, atemporale.
La tua mente, proprio come la mia, non sarà mai vuota. E non potrebbe nemmeno esserlo. Nondimeno, esiste una quiete che non riguarda l’immobilità ma la fermezza. Una mente zen non è una mente ammutolita, ma una mente in cui le nuvolette dei pensieri possono muoversi liberamente senza trasformarsi in tempeste.
Addomesticare il caos significa fidarsi abbastanza della propria coscienza da non avere la necessità di riempire ogni pausa con un piano di fuga e ogni silenzio con una colonna sonora.
Ci saranno giorni in cui le voci saranno più invadenti, rumorose ed esigenti. Ma ogni tanto, nel bel mezzo di un pomeriggio qualunque noterai una piccola quiete spontanea. Non dura a lungo, ma è reale.
Ho appena trascorso tre giorni in un tempio zen per praticare yoga e meditazione dall’alba a notte fonda.
Spoiler: organizzerò il primo ritiro per la community di Trasumanare ad Aprile, per cui preparati a bloccare il tuo posto, se ti interessa :) tutte le info a Gennaio.



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Qui su Substack si fanno belle conoscenze, ed è consolante accorgersi che il mondo sia ancora pieno di gente che ha molto da dire. Una di queste persone è Riccardo, che scrive la Cantina dei Dannati, un luogo che, malgrado il nome, ho subito sentito come un posticino confortevole da abitare ed esplorare. Dai una lettura a questo suo articolo:
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